Tutte le pizze ordinate arrivarono. Carmela mangiò in modo molto sexy facendo autentici bocchini alle olive e succhiando godereccia filamenti di mozzarella. Tutto questo fece impazzire i ragazzi, in special modo Marco che le stava seduto di fronte e a cui queste mosse erano indirizzate. Nel ritornare sulla sua sedia, gli aveva preso il telefonino. Ad un quarto di pizza, tra un boccone e l’altro, lo portò sotto il tavolo e poi lo restituì. Lui strappava gli spicchi di pizza con le mani e li avvicinava alla bocca leggermente arrotolati sulla punta. Con la lingua stuzzicava e assaggiava la mozzarella che tendeva a scolare dalla cavità che si formava. Poi mordeva. Carmela seguiva con attenzione e, durante un morso, immedesimò così tanto la figa al posto di quello spicchio che sentì vibrare il clitoride. Senza dare nell’occhio, si tolse un scarpa e allungò il piede nudo sulla patta pulsante che aveva di fronte. Era male abbottonata e fu un gioco da ragazzi farla aprire. Con le dita e la pianta del piede, iniziò a sfregare contro il fusto del cazzo, dosando ad arte pressione e ritmo. Lui la guardò esterrefatto e colse un labiale inequivocabile e ben scandito: “vieni”. In breve Marco eiaculò. Per non farsene accorgere, fece uno sforzo recitativo immenso. Carmela prese il suo telefonino ed inviò un sms a Marco. Il cellulare attirò la sua attenzione e il lampeggio del display era come se scandisse l’invito a sfottere: “ho dimenticato il perizoma nelle tue mutande. restituiscimelo dopo. c ved in bagno. porta anke il tuo cazzo che lo voglio conoscere”. Lui lo lesse e la guardò eccitato al solo pensiero di incontrarla in privato. Dopo aver vuotato i piatti, qualcuno passò al dolce. Carmela prese una macedonia di frutta fresca e si dedicò a pezzi di banana e a rosse fragole come a pezzi di cazzo e a rosse cappelle. Dopo si alzarono tutti a ballare. Marco controllò di non avere la farmacia aperta. Lei si strusciò a destra e a manca, fece ballare il seno e scosse i fianchi. Lui si mosse impacciato e squilibrato in avanti da un’erezione costante che cercò di aggiustare sotto i vestiti in maniera più confortevole e meno visibile. Ad un certo punto i due si fecero un cenno d’intesa. Carmela abbandonò la pedana e si diresse alla toilette. Marco contò fino a 100 e poi la imitò. Attraversò un piccolo corridoio con una porta sul fondo. L’ingresso ai bagni era unico, ma subito dopo c’erano le divisioni per i due sessi. Aprì la porta degli uomini e vide che non c’era nessuno. Poi bussò a quella delle donne. Carmela aprì e lui entrò chiudendo a chiave. Lei era appoggiata sul lavandino e subito si sollevò lentamente il pareo. - CAR: “Allora? Non volevi vedere se la mia igiene intima...” - MAR: “Come no? Ma devo esplorare a fondo.” Marco le in filò un dito nella figa e poi le si avventò contro mettendole le mani sulle cosce e baciandola con forza sul collo. Lei respinse con un pizzicotto sulla schiena che lo costrinse a staccarsi e indietreggiare. - MAR: “Ahi! Ma si può sapere che cazzo c’è?” - CAR: “Mmmhh... a me sembra che qui ci sia solo il tuo...” - MAR: “Allora prendimelo in bocca, dài.” Lei appoggiò una mano sul pantalone di lui e sentì la massa di carne in tensione. - CAR: “Heylà... come corri... non crederai mica che sono tanto facile...” - MAR: “Oh, no, a vederti non si direbbe. Magari... hai solo voglia di scopare. A vederti si direbbe. Sei stupenda...” Marco guardò le cosce e le palpò arrapatissimo. Carmela, intanto, aveva sbottonato i pantaloni quanto bastava per tastare mutande e relativo contenuto maschile. Accarezzò con le nocche di due dita l’asta turgida sofferente negli slip. - CAR: “Accipicchia! Ce l’hai ancora duro... Direi che hai proprio tanta voglia... a vederti si direbbe.” - MAR: “Mamma mia! Guarda cos’hai combinato!” - CAR: “Eh già... ti sei tutto sporcato… povero tesoro…” Sfilò il perizoma completamente bagnato di sperma e lo aprì per guardarci dentro. Poi riprese il cazzo e lo esplorò con un dito. - CAR: “Bene, sembra che funzioni abbastanza... sai anche sparare.” - MAR: “Scopiamo per la miseria!” - CAR: “Qui? Non abbiamo tempo.” Si sistemò il pareo e rimise a posto il cazzo di lui. - CAR: “Ti voglio anch’io.” - MAR: “Dimmi almeno dove cazzo alloggi, ché vengo stanotte!” - CAR: “Ma che dici?!? Io dormo con la mia amica. Vuoi scoparti anche lei? Aspetta domani.” Aprì la porta e uscì. Marco contò... i centimetri del suo cazzo e la imitò. Tornati ai tavoli, gli altri avevano smesso di ballare e chiesero la loro parte del conto. In quei pochi secondi, Carmela aveva concordato di rimanere a Tropea un giorno e una notte in più. La scusa era un veglione sulla spiaggia. I ragazzi si salutarono e abbandonarono la pizzeria. Presero le rispettive macchine e raggiunsero i rispettivi alberghi. La notte Marco pensò ossessivamente all’incontro che aveva avuto. Prese il telefonino e visionò le immagini catturate quella sera. Nel video si vedeva Carmela muoversi in maniera sexy. Gli venne il cazzo tosto al solo pensiero che lo facesse sopra di lui. Sfogliò le immagini una ad una masturbandosi e, giunto all’ultima scattata, si accorse che il contatore ne segnalava ancora un’altra. Schiacciò il pulsante e il display mostrò un’inquadratura delle cosce allargate di Carmela. Due dita aprivano la figa verso l’obiettivo. Appoggiò il cellulare sul lavandino e annusò la mano che aveva toccato la parte più intima di Carmela. A quel punto schizzò sul display sperando che presto sarebbe tutto accaduto davvero. Era convinto di essersi innamorato e il giorno successivo sarebbe stato l’ultimo utile per dimostrare la sua attrazione. Era la più grande che avesse mai sentito. Erano la sua testa, il suo cuore ed il suo cazzo a dirglielo. Anche lei pensò a lui. Prese il paio di mutandine macchiate e ancora umide di sperma che si era procurata e le indossò. Inspirò e avvertì netto e piacevole l’odore di maschio. Si toccò e venne. Per più di un istante si pentì di non avergliela data, poi pensò che quel racazzo meritava una chance. Gli piaceva e non riusciva a negarlo a se stessa. Non avrebbe potuto: troppo grande era stata la sua ultima delusione amorosa e sessuale perché potesse farsi il torto di mancare quest’occasione.
Il giorno successivo trascorse per entrambi con unico pensiero: conquistare definitivamente l’altro con un’esibizione memorabile della propria arte amatoria. Non si scambiarono né messaggi, né si telefonarono, forse in attesa che l’altro facesse la prima mossa. Praticamente non si conoscevano ma, sapendo di avere poco tempo a disposizione, avevano rivelato la loro vera natura di malati di sesso puntando la loro attenzione sui genitali altrui. Non che avessero trascurato del tutto il resto, ma le parti anatomiche coinvolte nei rapporti estremi non godono della possibilità di convincere sufficientemente se non dopo una prova pratica. Il cuore, l’amore, l’intelletto, ecc., queste erano tutte cose già scattate. Ora occorreva verificare se la bella macchina, anziché farsi ammirare solo in parcheggio, fosse anche capace di fare una corsa e vincere. A Carmela serviva conoscere la potenza del cazzo di Marco e lui sbavava dalla voglia di sondare (o sfondare?) la figa di lei.
La sera, dunque, ci fu il veglione. Su una porzione di spiaggia illuminata da fiaccole piantate in circolo nella sabbia, una trentina di persone si riunirono per mangiare stuzzichini, suonare e cantare. Marco e Carmela, ognuno con l’originale compagnia, si ritrovarono lì e si adattarono all’atmosfera spensierata. All’inizio si erano salutati da lontano, perché il gruppo dei maschi era arrivato in anticipo e non era riuscito a tenere due posti liberi. Dopo circa mezzora le ragazze li avevano raggiunti. Dato che era previsto un tuffo in mare a mezzanotte, molti dei presenti indossavano il costume da bagno. Alcuni lo tenevano nascosto sotto t-shirt e pantaloncini, altri si erano già messi comodi. Il lido che ospitava il veglione era quello frequentato dai ragazzi. Avevano affittato una cabina che gli era servita a ben poco e per cui avevano anche discusso animatamente. Le ragazze, invece, avevano scelto la spiaggia libera, avevano speso meno e si erano divertite di più. Carmela si presentò con un pareo a tinta unita verde e un due pezzi dello stesso colore che le stava tanto bene da impazzire. Marco guardava incessantemente il pezzo superiore scoperto e probabilmente tutti i presenti se ne accorsero. Lui indossava un costume da bagno a pantaloncino nero e una polo arancione. Carmela lo guardava, ma dissimulava meglio l’interesse per lui, anche partecipando ai cori. Dopo un po’, entrambi cominciarono a pensare al modo di vedersi in disparte. Lui aveva nel marsupio la chiave della cabina e architettava di farsi chiavare lì dentro da seduto. Lei, invece, pensava che all’occorrenza sarebbero tornati in albergo, dove c’era la disponibilità del letto, ma anche di tanti mobili... Tra la roba da mangiare che circolava c’erano anche dei dolciumi di vario tipo: caramelle, cioccolatini, liquirizie, ecc.. Carmela estrasse un lecca-lecca dal mucchio e prese a spompinarlo giocosamente. Quando il suo sguardo si posò di nuovo su Marco (a cui sembrava avessero bloccato la testa in un’unica direzione), un particolare la fece diventare più seria ed eccitata, cambiando di conseguenza il modo di rapportarsi a quel lecca-lecca. Marco era parzialmente disteso sulla sabbia e si reggeva puntando i gomiti angolati all’indietro. Una protuberanza era visibile sotto il costume, ma per chiunque se ne fosse accorto sembrò semplicemente una piega del tessuto. Per Carmela, invece, grande intenditrice, non fu così. Osservò attentamente quella zona e notò che a particolari gesti del suo corpo e della sua bocca, la protuberanza mostrava di avere vita propria tramite piccoli sussulti. Poche chiacchiere e musica: era il cazzo. Marco si accorse del suo sguardo e lo abbassò per guardarsi tra le gambe. Di scatto prese il marsupio e lo mise sul pene per coprire la sporgenza. Lo fece un po’ troppo violentemente e sobbalzò perché si fece un po’ male. Carmela rise d’istinto e fece un’espressione compassionevole. Estrasse ciò che era rimasto del lecca-lecca e lo mise in verticale davanti la bocca, poi lo leccò perversa. Guardando di nuovo tra le gambe di lui, poté distinguere il marsupio sollevarsi per un istante. Marco disse qualcosa ai suoi amici, si alzò e camminò fino alla riva da solo. Nel punto in cui si fermò, non arrivava molta luce. Si girò a guardare cosa facesse Carmela, la quale, dopo qualche minuto, si alzò anche lei. Appena la vide, Marco continuò a camminare in direzione opposta al gruppo riunitosi per il veglione, lontano dalle luci ed in una parte della spiaggia un po’ trascurata. Carmela prese la stessa direzione. Ad un certo punto si girò indietro per sincerarsi di cosa facesse la sua amica: stava flirtando con un ragazzo. Si rigirò e fece una corsetta per recuperare i metri perduti su Marco. Poco oltre una fila trasversale di cabine, c’era una barca del personale di salvataggio coi remi dentro. Carmela la sorpassò guardando oltre, poiché aveva perso di vista Marco. Proprio in quell’istante si sentì afferrare un braccio da dietro. Si spaventò e inspirò rumorosamente. Girandosi riconobbe lui e subito si rasserenò. Marco le mise le mani attorno alla vita e la baciò ardentemente. Lei rispose alla stessa maniera. Il bacio durò un paio di minuti e, dalla foga iniziale, passò alla dolcezza di una coppia consumata. - MAR: “Non sai quanto ho aspettato questo momento! Quasi non ho chiuso occhio e il tempo non passava mai. Ce l’ho avuto duro per tutto il tempo.” - CAR: “Oh, davvero? Anche io ti ho pensato. Ho capito che mi piaci e ho sperato che questo momento potesse essere magnifico.” - MAR: “Oh, Carmela, lo sarà, lo sarà. Vieni dietro ‘sta barca ché ti faccio vedere.” Lei toccò il cazzo, mentre lui si dedicò al seno. Sia i capezzoli che la cappella sporgevano pericolosamente in avanti. Nel costume di Marco era come se ci fosse una piramide. - CAR: “Mamma mia che apparato!” - MAR: “Vieni, cazzo! Vieni che te lo faccio provare!” - CAR: “Aspetta.” - MAR: “ASPETTA CHE...” - CAR: “Sssst! Scemo, non urlare!” - MAR: “Aspetta che cosa?!?” - CAR: “Promettimi che darai il meglio di te, che mi farai sentire quanto mi desideri.” Marco promise con un altro bacio inequivocabile. Mise una mano tra le cosce di lei scostando pareo e pezzo inferiore del costume. Smanacciò convulsamente la figa, poi grugnì e tirò Carmela verso la barca. La spinse letteralmente a terra e lei non disse niente, aspettando di capire bene cosa facesse lui. Marco si abbassò il costume senza sfilarlo dalle gambe, poi le si sdraiò accanto. Lei capì e si mise su un fianco. Con una mano spostò pareo e costume e alzò una gamba. Non poteva vedere Marco, ma sentiva il suo respiro e i suoi ruggiti superarrapati nell’orecchio. Dopo qualche istante sentì una cappella enorme e calda sfiorarle l’interno cosce. Neanche il tempo di godersi la sensazione che la stessa arrivò alla figa, penetrandola di colpo. Iniziò uno scopaggio convulso, frenetico, a tratti violento e disordinato. Entrambi avevano voglia esattamente di questo. Non lo facevano da tempo e neanche un maremoto li avrebbe fatti smettere. Se fosse accaduta una cosa del genere, li avrebbero trovati a fottere in quella posizione pure da morti, con lui a muoversi dentro di lei con un riflesso residuo, come la coda tagliata di una lucertola. Ma altroché morte! Proprio il lucertolone di Marco stava dando ancora più vita alla figa di Carmela. Lei godeva e ansimava, ansimava e godeva. Lui la sfondava a denti stretti e cercava di essere più efficace possibile. - MAR: “Ti pia-ce, eh?!? Ti-piaces-copare?!? Ooouhh! Quanto hoddes-desideratomamma! Maaamma maaamma maaa! Ah! Ah! Ah! Prendilo tutto Carmé, prendilo! Prendilo ché questo è solo l’inizio!” - CAR: “Siiii! Siiiiiiiiiiiii! Spingi! Di piuuu! Sbattimi denAAAAAHHHH! Ommioddio! Aaah! Aaaahh! AAAHHH! Dammela tu-ttaaaAAHH! La mihhh... la minchiaaaaHHH! Tutta! Tutta! Tutt-AAAHHH!!!” Il membro pompava impetuoso entrando e uscendo, ma talvolta scivolava fuori al momento di rientrare. Carmela gentilmente lo prendeva e lo guidava di nuovo ad annegarsi tra i suoi umori vaginali. Questo fece capire a Marco quanto era desiderato ma, per ovviare all’inconveniente, mise una mano sotto il ginocchio della gamba alzata di lei, poi angolò di più il bacino rispetto al suo corpo e Carmela inarcò il suo all’indietro. Ora il cazzo penetrava con ancora meno attrito e le palle sbattevano contro cosce e chiappe. Lei sentì ogni colpo, ma non riuscì a commentare per il troppo piacere. Piegò la testa all’indietro e poi si girò a guardare Marco. Lo vide con la polo scomposta e in parte coperta di sabbia, i muscoli addominali erano visibili e contratti per lo sforzo della scopata, sul viso erano stampata un’espressione di rabbia mista a piacere. Lei rimase così per qualche secondo e lui la guardò, talvolta sorridendo ricambiato. La testa di Carmela oscillava in accordo col ritmo del pompaggio inflitto dalla minchia sottostante. Lei si leccò le labbra e girò gli occhi all’indietro a causa di un’improvvisa ondata di piacere. Marco, infatti, fu sovraeccitato da quel messaggio di sesso e reagì di conseguenza. Cos’altro avrebbe dovuto fare? Le palle si erano indurite e riempite fino all’orlo, tanto che lui cominciò a sentire la sborra ribollirgli dentro. La minchia era in apnea vaginale e, se non fosse stato proprio per i confini imposti dalle cosce di Carmela, si sarebbe espanso a dismisura. Così riprese fiato e iniziò a grugnire più forte. - MAR: “Ma che cazzooohh... ma che cazzo aspettavi... eh! COSA?!?” - CAR: “Ooouuhh! Stracciami! Stracciami ti supplicooOOOO!!! STRACCIAMI LA FIGAAAA!” - MAR: “T’accontento sub-SUBITO, PUTTANA!” Rallentò il ritmo, ma rese i colpi più forti e incredibilmente profondi. Per lei erano botte insostenibili di cazzo duro. Il suo modo di godere cominciò a sembrare un lamento piagnucoloso, poi iniziò a tremare. Avvertì un brivido orgasmico che le corse dalle cosce fino alla nuca. In parte si accasciò, lasciando al solo Marco (già gravato del compito di trombarla) il peso della coscia alzata per spalancare la strada a quel cazzo che cercava fondamentalmente di ucciderla. - MAR: “OMMAMMAAAAAHH!!!” - CAR: “OOOHH! OOOHH! AAAUUH! AAH! VENGO! COSIII!!! SIII!!! VENGOOOOHHHH!!! OOOOHH! OOHHH!” - MAR: “GODI! GODI, CAZZO! GO-GODIIIIHH!” Marco ascoltò col suo cazzo ogni spasmo di Carmela, contrastandolo con la sua spinta fino all’ultimo. Pensò per un attimo al miracolo della natura, al piacere dei corpi, ai pochi organismi viventi che si riproducono tramite il piacere. Lui era tra questi e ne fu felice. Carmela, però, più che un organismo, sembrava un orgasmo vivente, un corpo che si contorceva alla ricerca di quanto più cazzo fosse possibile. Pensò a tutto questo e proprio la vista del piacere della sua compagna di scopaggio, fece sì che all’improvviso non riuscì più a controllarsi. Estrasse di scatto la mazza e passò sotto la gamba alzata di lei, mettendosi in posizione quasi seduta. Continuò a menarsi la minchia umida con una mano stringendo i denti e prendendo la mira sulla figa. Carmela guardava mentre smaltiva incredula il piacere del suo amplesso. - CAR: “Oh mio Dio! Mio Dio, mio Dio! Ah! Maaaaahhh! Mai provata una cosa del genere... mai... fatta... una scopata...” Ma furono pochi secondi. Il suo discorso incompiuto si spense sotto il ruggito del maschio. - MAR: “AAAH! AAH! SBORRO! TI SBORRO LA FIGA! TI SBORR-OOOUUUUAAAAHHHH!!! SSSSIIIIIAAAHHH!!!” Il glande sparò come un cannone tre fortissimi getti di sperma che centrarono le grandi labbra di Carmela, i peli della figa e il suo interno coscia. L’ultimo debole fiotto, per effetto della distanza, cadde a raggrumarsi sulla sabbia. Marco inarcò il busto all’indietro e sembrò ululare al cielo come lupo mannaro. La sua testa fece due scatti di rabbia, poi si chinò in avanti. Lei osservò l’impeto ammirata, poi si spalmò la sborra fino all’ombelico. Lui espulse le ultime gocce ammirando a sua volta le mani di lei fare quel gesto. - CAR: “Cazzo... me lo potevi dire che scopavi così… Che spaccafemmine che mi sono trovata!” Lui si accasciò accanto a lei sfinito. - MAR: “E tu me lo potevi dire che avevi una figa così fantastica! Aaahh... aah... Mamma miaaahh! Me l’hai fatto dilatare a dismisuraahh... aaaah... mi c’hai fatto venire le smagliature!” - CAR: “Scherzi? Con un cazzo così duro penso che rischi così non ce ne sono. Piuttosto io non so se riuscirò più a camminare normale.” Carmela si girò verso Marco e gli accarezzò la mazza rilassata sulla pancia, ma ancora umida e grande, con la testa sporca di sperma. Lui le mise un braccio sotto la testa. - MAR: “Carmela... io credo di amarti e... e vorrei stare sempre con te. Penso che il mio sia colpo di fulmine, perché penso a te dal primo istante. Ho desiderato da subito chiavarti all’impazzata e adesso ho la certezza che piaci anche al mio cazzo. ...E poi, credimi... sei bellissima, intelligente e hai una figa portentosa!” Carmela si strinse a lui sorridendo e lo baciò. Poi disse: - CAR: “Be’... effettivamente... in effetti devo ammettere che uno scopatore così non mi era mai passato tra le gambe... Il cazzo ti funziona come si deve... è duro... prestante... carnoso... il sogno di ogni figa. E ora che l’ho trovato, voglio che sia solo mio.” Marco sorrise e poi rimase a pensare guardando lei negli occhi. I due si baciarono. Dopo dissero “Ti amo” facendo un coro involontario e risero abbracciati. Si rialzarono dopo un quarto d’ora e tornarono insieme nel gruppo, questa volta senza vergognarsi di farsi vedere insieme. Avevano deciso di condividere tutto e non avrebbero perso tempo a dirlo al mondo che li circondava. Se fosse stato necessario, avrebbero scopato davanti a tutti. Dopo qualche minuto di canti, balli e sguardi incuriositi dei rispettivi amici, ci fecero davvero un pensierino. Se lo dissero in un orecchio e risero divertiti immaginando di farlo. Sarebbe stato un po’ troppo, ma la voglia di fare ancora l’amore, quella sì, si fece sentire davvero e non rimase per molto soltanto un’idea.
Alla fine ci fu il bagno di mezzanotte. I due ne approfittarono per lavarsi in acqua e toccarsi ancora. Allontanatisi un po’ rispetto al mucchio, si baciarono. Gli altri videro le teste a pelo d’acqua l’una contro l’altra. Capirono tutto e l’esigenza di chiedere se si piacessero si sciolse per sempre nel mare.
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