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Storie \ Un'Intesa Perfetta

  Marco Alessi | Feet Under The Table -  Storia in Italiano | 26.05.2007


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a Nyllady e Nyllover,
ospiti delle nostre fantasie

Capitolo 1 - L'incontro

Si erano conosciuti per caso, Marco e Carmela.

C’era molta gente a Giugno a pullulare per le strade di Tropea, una famosa località di mare della costa tirrenica calabrese. Tante persone, tante storie, tanto movimento, tanta confusa organizzazione. Un numero di corpi e cervelli pieni di così tante energie da far credere che qualunque evento legato alla storia di due o più individui non potesse durare più del brevissimo tempo di un momento senza rilevanza. Un istante in cui tutto può succedere, oppure nulla. Una frazione di vita che difficilmente, in un modo o nell’altro, si può prevedere o programmare.

Marco e Carmela erano entrambi lì, perfettamente ignari l’uno dell’altra, ognuno per i fatti suoi e in compagnia dei rispettivi amici. Potevano trovarsi in un qualsiasi altro posto, ma il destino aveva deciso. Come si dice: Dio li fa e poi li... accoppia.


Carmela era scappata in vacanza subito dopo aver affrontato con successo alcuni esami universitari. Era arrivata a Tropea con un’amica da una settimana e la sua permanenza era praticamente conclusa.

Studentessa siciliana presso la Facoltà di Giurisprudenza di Palermo, trascinava nei suoi bagagli la fine di una storia d’amore che non le aveva lasciato granché. Il coinvolgimento che all’inizio le aveva fatto riporre le solite speranze di stabilità e appagamento, aveva lasciato il posto ad una fredda rassegnazione che un moto d’orgoglio e rispetto, per se stessa innanzitutto, erano riusciti a spazzare via facendole maturare la decisione di tornare single.

Al diavolo gli uomini. Sono buoni a nulla e non capiscono molto di come ci si debba comportare. Per un po’, fino a quando non troverò l’amante ideale” - aveva detto - “niente coccole e baci”. Chi ne aveva bisogno? All’occorrenza avrebbe parlato coi suoi genitori. Niente passeggiate e viaggi insieme. Superflui: in caso di bisogno si sarebbe rivolta ad una squadra di amiche. Niente sesso… be’, forse quello era un problema, perché Carmela ne è un’autentica cultrice e giudica ogni suo compagno in gran parte in base alle sue prestazioni sessuali. È un tipo romantico, certo, ma anche nei momenti più dolci, ama sentire la spinta erotica dello stare accanto ad un uomo che da un momento all’altro potrebbe farla godere. Per ottenere il meglio, sceglie accuratamente il suo partner cercando di avvertire le più intime vibrazioni e testando meticolosamente le capacità dei suoi uomini. Lei non ne fa una questione di quantità (anche se “un superdotato non si rifiuta mai”, è solita pensare), bensì di qualità e proprio grazie a questa sua filosofia è riuscita a trarre il meglio da qualunque membro maschile le sia passato tra le cosce.

Carmela, insomma, è una buongustaia del sesso e, in relazione a ciò, la sua decisione di non scopare per un po’, già mentre veniva partorita, portava la certezza di un ripensamento.


Marco aveva accettato l’invito di un paio di amici, come al solito (e per la sua infelicità) appassionati di spiagge affollate. L’avevano praticamente obbligato a seguirli in un ridicolo coast-to-coast dalle strane traiettorie geografiche. Avverso alle condizioni estive, aveva accettato per puro bisogno di cambiare aria. Avrebbe anche passato tutto il tempo da solo, ma mai a meno di 200 chilometri da casa. Si era fatto pregare solo perché piuttosto a corto di soldi. I primi quattro giorni di viaggi a piccole tappe erano volati via senza che se li godesse. Sta di fatto che ora era lì e prima non si era mai sentito meglio.

Studente lavoratore, ma con modesti risultati in tutti i campi, nutre, però, un’atavica passione per le automobili, il cinema e le personalità complesse. Difficilmente avrebbe troncato un dialogo o smesso di prestare attenzione alle parole di un folle, di un genio o di una persona interessante sopra la media. La sua è una naturale predisposizione ad avvertire il carisma altrui, a lasciarsi rapire, a desiderare ardentemente di conquistare a sua volta. E quando si trova di fronte ai suoi soggetti preferiti, ogni parte del suo corpo, ognuna a suo modo, vibra di desiderio. Se poi la cosa riguarda una donna piacente, una sola parola può definire il tutto: passione…

Anche Marco, infatti, è un vero fan dei rapporti sessuali completi. Le spiagge affollate d’Estate sono un ottimo posto per arraparsi a dovere, perché sono frequentate da donne col potenziale di soddisfare ogni desiderio e fantasia, ma per lui i conti non tornano. Si tratta solo di un potenziale e questo vuol dire che si dovrebbe passare in rassegna tutte le fighe delle ragazze interessanti e rischiare sulle proprie... palle un cospicuo numero di scopate insoddisfacenti. E poi non si può certo mettersi lì a farlo davanti a tutti. Ecco perché Marco preferisce le spiagge tranquille: sono più romantiche, più adatte a fare da sfondo alla sua passione per il sesso.

Tuttavia, da qualche parte bisogna iniziare a cercare (“ci sono momenti in cui occorre staccare il cervello e pensare coi testicoli”) e lui è felice dello spettacolo femminile che ogni volta gli si para davanti il costume da bagno.


La serata era abbastanza fresca e ventilata. In una piccola pizzeria all’aperto con pochi tavoli, le luci stroboscopiche di una piccola pedana da ballo sotto una pagoda si scuotevano più delle teste di chi attendeva la pizza ballandoci su.

Trovato parcheggio in bilico su un terrapieno adiacente la strada e con gli ausiliari del traffico pronti a consumare l’inchiostro delle loro penne sui blocchetti dei verbali, Marco ed i suoi amici si affrettarono verso l’entrata. L’insegna con la scritta “CARLETTO”, lampeggiava di giallo. Marco si sentì subito bene. Quello è il suo colore preferito e poi le lampadine della tabella luminosa mettevano alternativamente in evidenza prefisso e suffisso della parola: CAR-LETTO CAR-LETTO, CAR-LETTO. Da appassionato di automobili e sesso, non poteva che essere positivo.

A prima vista non c’erano posti liberi, poi uno dei ragazzi avvistò un tavolo vicino una parete bianca coi rampicanti seccati e si precipitò ad occuparlo facendo agli altri tacito cenno di seguirlo come fosse in una missione militare. Nello stesso istante, Carmela e la sua amica stavano andando allo stesso tavolo. Erano arrivate un paio di minuti prima e si erano insospettite per quei posti vuoti, decidendo di chiedere lumi a qualcuno dell’esercizio. Gli era stato detto che il tavolo era ok, forse solo un po’ troppo vicino ad una parete esterna del forno, niente di particolare. Rincuorate, erano ritornate a testa bassa con l’intento di infilarsi tra il tavolo 9 e le sedie, dando le spalle ai rampicanti e volgendo lo sguardo verso la pagoda. Nel farlo stando attente a non sporcare e strappare i vestiti controllando la condizione delle sedie in vimini, non si accorsero del contemporaneo arrivo dei tre ragazzi. Dopo un iniziale sbigottimento per la situazione lungo qualche secondo, ognuno squadrò l’altro. Poi Marco ruppe il ghiaccio:

- MARCO: “Ci sono 6 posti disponibili. Noi siamo in 3 e voi in 2. Se avete un’altra amica siamo pari e ci sediamo tutti qui.”

La battuta ruppe anche le tese espressioni iniziali con dei sorrisi, dopodiché tutti si accomodarono e l’ambiente diventò subito piacevole. Pur senza essere palese, l’opera di osservazione degli uomini sulle donne e viceversa continuava. Per Marco, l’amica di Carmela fu subito classificata: era un bel pezzo di figa. Alta circa 1 metro e 75, caschetto castano con riflessi porpora visibili anche sotto le fioche luci artificiali della pizzeria, magra (troppo) e con un viso dai lineamenti appuntiti, ma un po’ rozzi e sporcati ancor di più da un trucco pesante, sebbene cromaticamente ineccepibile. Indossava due orecchini a pendente con un odioso e sciocco tema tribale che per di più facevano rumore ad ogni movimento della testa. Al polso destro, un bracciale di plastica bianca rigida che quando alzava il braccio le saliva fino al bicipite. Poco seno (a occhio una 2a con qualche bisogno d’aiuto), una pelle discreta e curata, con una doratura non troppo vistosa. Si direbbe un fisico da modella, magari da Postalmarket. Indossava una camicetta nera con maniche corte, colletto alto e primo bottone (comunque basso) lasciato aperto per mostrare… be’, questo è tuttora un mistero. Una minigonna di jeans evidentemente indossata per la prima volta metteva in evidenza un bel culo (forse la parte migliore) e due gambe asciutte, in difficoltà a non mostrare le ossa che le sostengono. Solo da seduta, infatti, la pressione delle cosce sulla sedia trasformava tutto ciò che si trovava dalla cintola in giù in qualcosa di accettabile per i gusti di Marco. Quasi tutto, perché quelle scarpe nere col tacco alto e la punta pronunciata proprio non gli andavano giù. Bocciata.


Carmela, invece, era tutta un’altra cosa e lui se ne accorse subito. La sua presenza scenica era fisicamente più discreta, ma il carisma le trasudava da tutte le parti e, una volta posati gli occhi su di lei, fu impossibile distorglieli. Per lui fu un invito... alla prima notte di nozze. La radiografò subito prima che si sedesse. Era alta più o meno quanto lui (poco sotto il metro e 70) e non aveva un fisico perfetto, tuttavia era terribilmente intrigante per il suo modo di essere, di muoversi, di vestire. A prima vista era perfetta per i suoi gusti: lui ama palpare carne anziché ossa e lei riempiva bene i suoi vestiti. Marco sperò subito di rimanerne impressionato anche una volta che lei avesse aperto bocca, ma già prima di quel momento ci fu qualcosa che gli fece provare una sensibile eccitazione e mentre i suoi due amici si apprestavano a contendersi e a sbavare le cosce nude dell’altra più appariscente ragazza, Marco già fece sogni proibiti a base di Carmela.


Il cameriere si avvicinò al tavolo 9 già apparecchiato e coi menù per le ordinazioni.

- CAMERIERE: “Vogliamo ordinareeee? Buonaserattutti!”

Un coro disordinato di “buonasera” si levò dalle 5 bocche affamate. Tutti furono presi alla sprovvista e si tuffarono nei menù. Marco lo sfogliò con curiosità, pur avendo già scelto, e sfruttò le risorse rimaste libere per razionalizzare quello che ormai credeva fosse un colpo di fulmine. Alzò lo sguardo e notò qualcosa di particolare: Carmela non stava guardando il menù, bensì il cameriere che, inquieto, disse:

- CAM: “Allora?”

- CARMELA: “Per me una bella pizza con pomodori Pachino, mozzarella di bufala e olive nere. ...E un pizzico di origano.”

Il cameriere segnò sul taccuino oscillando in piedi tra le punte e i talloni. Marco ascoltò con attenzione. Immaginò subito Carmela impegnata tra i fornelli vestita in modo sexy e pregustò già l’idea di guardarla mangiare, attività in cui lui riesce pure a vedere un lato seduttivo. Il modo di pronunciare la parola “pizzico” gli fece pensare alle sue mani, alla sua bocca e alla sua lingua.

Forse era questo, forse era paranoico, forse ossessivo, forse delirava, ma Marco stava già riflettendo sulla scelta di Carmela. La sua era un’ordinazione che in qualche modo testimoniava un carattere tendenzialmente saldo e il fatto di non avere neanche lei consultato il menù, gli fece sperare che avessero qualcosa in comune. Quasi a ribadirlo e a far sì che anche lei potesse essere invasa dal dubbio, lanciò la sua ordinazione.

- MAR: “Per me la stessa cosa, solo che al posto delle olive ci voglio i funghi, ok?”

- CAM: “Vaaa bene.”

- MAR: “E mi raccomando l’origano, grazie.”

Carmela gli lanciò la prima occhiata seria. Marco resse lo sguardo a fatica, perché si sentì intimidito da cotanta bellezza. La voce di lei gli piacque molto (l’amica, al confronto, avrebbe potuto vincere un concorso per imitatrici d’oca) e la immaginò subito pronunciare il suo nome. Poi notò qualcos’altro: Carmela aveva un gomito appoggiato sul tavolo e si reggeva la testa con la mano tra i capelli. Con un’aria attenta ma disinvolta, stava passando in rassegna gli altri ragazzi, compreso il cameriere. La sua attenzione si fermò sul bacino di quest’ultimo che indossava un jeans fasciato da un grembiule sporco di cenere e farina. Con il busto leggermente di traverso rispetto al bordo del tavolo, il suo capezzolo destro stava strusciando sulla tovaglia. Marco, seduto all’altro capo, lo guardò definirsi al di sotto della maglia e deglutì in seguito ad un’improvvisa vampata. La cosa lo stuzzicò terribilmente.

Gli altri fecero la loro ordinazione. Da bere, si concordarono acqua e Coca Cola. Neanche a dirlo, l’acqua fu una scelta in comune tra solo due dei cinque avventori...

Il locale era straripante e i camerieri percorrevano chilometri tra la cucina e i clienti. Al tavolo 9 si cominciò a conversare amichevolmente. Le solite domande: come ti chiami, quanti anni hai, di dove sei, che fai nella vita, che progetti hai per il futuro e bla bla bla. Alla fatidica indagine, nessuno si dichiarò sentimentalmente impegnato. Uno dei ragazzi scherzò:

- AMICO1: “Allora siamo tutti in cerca! Pensa un po’, magari questo è un segno del destino...”

- CAR: “Chissà, andare a caccia a volte può essere deludente, altre volte la preda ti capita da sola in mano. In un caso o nell’altro, bisogna sempre dare tutto di se stessi, anima e corpo, per mettere a nudo la verità.”

Marco ascoltò attento. Ragionò sulle parole usate da Carmela: “andare a caccia”, anziché “cercare”, “preda” e non “partner”, “dare anima e corpo” invece di... insomma, un linguaggio più passionale e con qualche doppio senso latente. Tutto ciò dava l’idea di un’esperienza e di una concezione dell’amore del tutto insolita, almeno tra i seduti a quel tavolo. Escluso Marco, ovviamente, che infatti fece subito eco:

- MAR: “Infatti, ammesso di trovare la persona giusta, sarebbe un peccato gettare via tutto o, peggio, non accorgersene. Bisogna stare attenti per cogliere l’attimo. La natura spesso è crudele e bisogna godersi il meglio.”

- CAR: “Già, è una continua ricerca per soddisfare al massimo i propri istinti, che spesso sono istinti animali.”

La conversazione sembrò diventare di esclusivo dominio dei due (e forse scivolare un po’ troppo nel palese), così uno dei ragazzi disse:

- AMICO2: “...Infatti io ho l’istinto di mangiare e voglio ‘na pizza, ma ancora non si vede.”

- AM1: “Seee, ancooora... forse è meglio se balliamo un po’. La pizza a qualcuno là sotto è arrivata e la pedana è più libera.”

Tutti si alzarono tranne Marco che restò a guardare adducendo la scusa di dover telefonare. La verità è che aveva intenzione di scattare foto e catturare video di Carmela. Era una persona affascinante, irresistibilmente allegra e intelligente, ma in questo momento Marco non riusciva a pensare ad altro che alla devastante carica erotica che emanava il suo corpo, la sua voce, le sue frasi.

Mentre Carmela ballava sorridendo, Marco la scrutò ancora più a fondo. Lei indossava una maglietta di lino bianca senza maniche moderatamente scollata. Le spalle e il collo erano magnifici. La carnagione meravigliosamente chiara e appena scottata dal Sole provocava in Marco flussi incontenibili di eccitazione. La schiena era molto scoperta e mostrava in parte la fatica che un reggiseno a balconcino bianco faceva nel contenere due mammelle che lui avrebbe volentieri destinato ad altri scopi oltre a quello di stare imprigionato e nascosto nei vestiti. I capelli neri lisci e ordinati sfioravano le spalle e si muovevano su un viso da film, con due labbra da baciare e due occhi che si alleavano ad esse producendo sorrisi atomici. Il tutto senza un filo di trucco. Tornando più giù (anche perché Marco non riusciva a farne a meno), una collana di tondini di legno scendeva sulla scollatura ad accentuarne il valore e sbattendo tra una mammella e l’altra ebbra di piacere. Un pareo lungo con tema a fiori le fasciava i fianchi generosi e il tutto si muoveva con conturbante armonia. Ai piedi, proprio sotto un magnifico paio di caviglie fatte per sollevare tutto quel ben di Dio e reggerlo durante ogni tipo di sforzo, un paio di sandali alti e chiusi sulla punta. Promossa.

Marco raccolse molti dettagli col suo telefonino e, infine, girò un piccolo video. Proprio mentre era intento con la testa abbassata selezionare delle immagini da scartare (ma non ebbe il coraggio di eliminarne neanche una), Carmela tornò al tavolo e gli si sedette accanto, così lui ritrasse il cellulare in maniera plateale. Lei rise.

- CAR: “Non ti preoccupare ché non mi faccio i fatti tuoi... Allora? L’hai fatta ‘sta telefonata?”

- MAR: “Sissì... fatta...”

- CAR: “Sissì, certo, come no... ...guarda che ti ho visto che mi hai fissata per tutto il tempo.”

- MAR: “Io? Nooo... vi ho visto ballare, tutto qua. Come fai a dirlo?”

- CAR: “Senti bello, tu una telefonata non l’hai fatta. E poi mi sono sentita i tuoi occhi addosso. Lo sai che se dici le bugie ti cresce il pisello?”

- MAR: “E a te piacciono i tipi bugiardi?”

- CAR: “Più bugiardi sono e meglio è.”

- MAR: “Mmmhh... è vero, dài, ammetto di non aver telefonato e di averti spogliata con gli occhi... T’è piaciuto? Voglio dire, la cosa ti fa piacere?”

- CAR: “Ehm... sssssì. Mi piace essere guardata da un uomo. E desiderata. E poi... sei carino. E mi piace quello che hai detto discutendo prima. Sono in perfetto accordo con te. Sembra che noi abbiamo lo stesso modo d’intendere certi argomenti.”

- MAR: “Direi di sì... Anche tu mi piaci, altrimenti non...”

- CAR: “Non... cosa?”

- MAR: “Quindi non sei fidanzata?”

- CAR: “No, ma non cambiare argomento. ‘Non’ cosa?”

- MAR: “Uffff... e quindi non t’avrei guardata e non avrei sentito voglia di fare l’amore con te. Punto.”

- CAR: “Bravo. Visto che alla fine le cose le riesci a dire?”

- MAR: “Sì... anche se... in questo momento mi sento molto bugiardo.”

Marco inspirò forte e guardò Carmela negli occhi. Lei si sporse un po’ in avanti appoggiando i gomiti sul tavolo, comprimendo le tette. Nel farlo, scrutò la reazione di Marco e si compiacque dell’evidente approvazione.

- MAR: “Sai... mi fai sangue. Mi ispiri proprio sesso. Ma sono confuso, perché mi piaci anche tremendamente. Voglio dire... non solo in quel senso.”

- CAR: “Ah ah? Ma davvero? Dicono tutti così, poi quando arriva il momento giusto diventano tutti dei gran timidi.”

- MAR: “Guarda che io... altro che ‘timido’... casomai ‘umido’...”

Carmela diventò seria e pensierosa, ma affondò il raziocinio che le sprizzava dagli occhi in quelli di Marco. Lui resse lo sguardo.

- CAR: “Ah siii? Davvero?”

- MAR: “Certo... e... se vuoi... ti faccio sentire quanto somiglio a Pinocchio proprio in questo momento che sono vicino a te.”

Lui si stravaccò un po’ sulla sedia e spinse verso le ginocchia l’orlo della tovaglia che gli copriva il pacco. Poi prese una mano di lei e con circospezione stette attento a capire se fosse contraria. Non lo fu e lui tirò la mano verso di sé fino al pantalone. Carmela sentì la mazza sveglia, abbassò lo sguardo e ne distinse la sagoma, infine deglutì inumidendosi le labbra.

- MAR: “Sono molto eccitato da te.”

- CAR: “Wow... vedo...”

Marco avvicinò il suo naso al collo di Carmela e l’annusò. Istintivamente serrò la mandibola e inspirò di nuovo forte.

- MAR: “Che ne diresti di scopare un po’ noi due. Mi piaci da impazzire.”

- CAR: “Mamma miaaaaa... corri davvero troppo tu. Non sono il genere di ragazza che pensi.”

- MAR: “Che devo fare? Dimmi… Guarda che te la lecco come nessun altro.”

- CAR: “Senti... te l’ho detto che anche tu mi piaci e... e poi... mi sembra che la materia prima non manca...”

- MAR: “Ti faccio vedere i sorci verdi co ‘sta materia prima...”

- CAR: “Mmmhhh... stai calmo, non ti scaldare troppo. Perché non ci scambiamo i numeri di telefono, prima?”

- MAR: “Perché non trombiamo, prima? Così il numero te lo do meglio, eh?”

- CAR: “Dài, su, fai il bravo. Segna il mio: 3338130905.”

Marco prese il suo cellulare un po’ seccato e memorizzò il numero, poi fece uno squillo e Carmela memorizzò a sua volta.

- CAR: “Ecco. In un certo senso è come se avessimo scopato. Qualcosa di tuo è entrato in qualcosa di mio e qualcosa di mio è entrato in qualcosa di tuo. Ma è un esempio banale e a me è venuta voglia di fare sul serio.”

Carmela posò il cellulare e rimise la mano sulla patta di Marco. Aprì i bottoni uno ad uno sotto lo sguardo incredulo di lui e cominciò a palpare da fuori le mutande. Con l’altra cercò lo spacco del suo pareo e, al di sotto, l’elastico del perizoma. Appena lo trovò, richiamò l’altra mano e lo sfilò senza movimenti troppo ampi. Lo fece passare da un piede, poi dall’altro e ritornò composta sulla sedia. Riprese il controllo sul membro e lo estrasse lentamente guardando il proprietario negli occhi. Poi li riabbassò e li sgranò. Il cazzo di Marco era acceso e per poco non arrivava oltre la superficie del tavolo.

- CAR: “Complimenti... complimenti vivissimi.”

- MAR: “Mamma mia! Che porca, figlia mia! Ma che vuoi fare?”

- CAR: “Ancora non hai visto niente...”

Carmela tenne una mano alla base dell’asta, da dove un ciuffo di peli neri si affacciava ad accarezzarla, mentre con l’altra abbassò il prepuzio e passò le dita intorno e sotto il glande. Poi la ritrasse e annusò.

- CAR: “Mmmhh... l’igiene è a posto.”

- MAR: “Stronza! Ora fammi controllare la tua!”

- CAR: “Stai buoooono... ancora non abbiamo finito.”

Coprì il cazzo con il perizoma e mise pollice ed indice ad anello al centro del bastone, poi iniziò a masturbare con delicatezza. Marco assunse una posizione ancora più sdraiata e il suo cazzo ne approfittò per uscire un po’ di più. Lei lo sentì crescere in mano. Sulla sommità dell’involucro fatto con le mutandine, divenne visibile una macchia.

- CAR: “Uuuhh... anche l’erezione non è male...”

- MAR: “Aaaahh! Stai attenta, ché ho una voglia da matti!”

Di colpo arrivò qualche pizza e gli amici tornarono al tavolo. Carmela staccò le mani e riprese il suo posto, lasciando Marco con un grosso imbarazzo da gestire. Con molta fretta e tremando dalla paura, riuscì a posarlo con tutto lo slip femminile avvolto. La conversazione proseguì durante la degustazione.

- AM1: “Allora allora allora! Qui allora siamo tutti in cerca dell’anima gemella, eh? Birbantelli tutti quanti!”

- AM2: “Eh eh, guarda che tu sei il più disperato...”

- AM1: “Gne gne gne! E tu sei il più convinto!”

- AMICA CARMELA: “Ma almeno vi siete dati da fare in qualche modo?”

- AM1: “Ah, guarda, non ti dico... abbiamo cuccato un sacco!”

- CAR: “Cosa intendi per cuccare?”

- AM1: “Ehm... cuccare... cuccare! ... scusa, che vuoi dire?”

- CAR: “Voglio dire: hai incontrata una ragazza e l’hai portata a letto?”

- AM2: “Seeee, lui? Pfuì! Ma guarda che lui...”

- CAR: “Lui...?”

- AM2: “Lui proprio è negato. Negato del tutto per le donne.”

- CAR: “Ma noooo, che dici? Magari è anche bravo...”

- AM2: “Ma seeee, ma lui non sa fare niente, ancora non l’hai capito? Quando siamo partiti s’è scordato i soldi a casa, l’altra sera in albergo s’è accorto di non avere lo spazzolino...”

- AM1: “Eh sì, infatti poi ho chiesto se mi prestavi il tuo e m’hai detto che era quello vicino al water.”

- AMC: “Accipicchia, proprio imbranato! Ahahaha!”

- AM2: “Siii! E poi non parla! Non dice niente fino alla fine! Fa l’introverso, fa…”

- CAR: “Be’, ma l’importante non è questo... Magari, chissà, uno sa fare tante altre cose...”

- AMC: “Per esempio? Sentiamo la teoria...”

- CAR: “Per esempio se una ragazza la conquista, poi magari a letto ci sa fare. Anche se a me piacciono di più i ragazzi estroversi, che tirano fuori tutto.”

- MAR: “Esatto. Proprio quello che volevo dire io. Uno magari sembra impacciato e poi è un diavolo. Io, invece, sono affascinato dalle ragazze introverse, che tengono tutto dentro.”

- AM2: “Seee ahahahaha! Ma perché, lui sarebbe un diavolo?”

Marco quasi non sentì la domanda dell’amico, concentrato solo sulle parole di Carmela, come se solo loro due fossero seduti al tavolo.

- MAR: “Per me è molto importante scoprire la persona lentamente...”

- AMC: “Sì sì, infatti, prima bisogna conoscersi piano piano e poi...”

- MAR: “No no, io intendevo... quando sono con una ragazza voglio spogliarla lentamente e eccitarmi per bene.”

L’amica di Carmela rimase un po’ sconcertata.

- CAR: “Giusto... bello... a meno che uno non sia preso dalla voglia di fare sesso e allora...”

- MAR: “Eh eh... lì cambia tutto...”

- CAR: “Sì, perché se non c’è tempo i vestiti non si possono togliere.”

Per qualche secondo calò il silenzio e l’imbarazzo. Carmela e Marco si guardarono.

- AM1: “Ehm ehm! Vabbé vva! Ché qua comincia a fare caldo! …e comunque pure tu fai certe minchiate!”

- AM2: “Ho imparato da te. Tu sei il mio maestro.”

- CAR: “…per esempio... il caldo è un altro motivo per cui indossare meno vestiti.”

- AM2: “In che senso, scusa?”

- CAR: “Nel senso che mettere meno vestiti può servire se hai caldo o fretta, come dicevamo prima.”

Uno dei ragazzi iniziò a tossire. L’altro rise sotto il naso.

- MAR: “Giusto. Giustissimo. Molto importante. E tutto questo, oltre ad avere una funzione... diciamo... pratica... è anche più eccitante. Sai che sorpresa scoprire che una ragazza non indossa gli slip sotto la gonna? A voi donne piace? Voglio dire: se un uomo non ha niente sotto i pantaloni?”

- AMC: “Madooo, che tamarrata! A me proprio fa schifo!”

- CAR: “A me, invece, piace molto. E adoro quegli uomini che sanno apprezzare certi dettagli.”

- MAR: “E io adoro le donne che sanno metterli in pratica.”

- CAR: “Comunque chi è imbranato non si deve disperare. Forse è solo che non ha trovato il compagno giusto.”

- MAR: “Infatti. La cosa più importante non è che uno dica o faccia minchiate. Ciò che conta è che le sappia dare. Definire qualcuno “minchione” richiede di spiegare cosa s’intende esattamente.”

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